venerdì 13 ottobre 2017

Sarà meglio andare...

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Ho preso così tanti colpi stasera che non riesco a smettere di barcollare, non faccio in tempo a pensare come colpirlo che lui ne ha già sferrato un altro. E colpisce… e lo fa con tutta la rabbia che ha dentro, manco fosse lui a cercare vendetta. Bryan è in forma questa sera ma non riuscirà a mandarmi al tappeto. Uno sguardo al pubblico e nella prima fila c’è lei, la mia ragione di vita: Hilda. La mia unica figlia. Lei c’è sempre. Ha l’aria preoccupata stasera, forse teme per il suo papà. Nemmeno immagina cosa sono capace di fare, sono il campione io, difendo il titolo.
  «L’hai forse dimenticato, amore mio?»
Quello sguardo è durato un attimo, solo un attimo. Il tempo necessario che serve al destro di un pugile per raggiungere il volto del suo avversario da distanza ravvicinata. Mi fa girare violentemente la testa di lato, quel tanto che basta per farmi voltare nuovamente lo sguardo al pubblico. L’espressione spaventata di Hilda mi fa pensare che le sto prendendo di santa ragione. I miei occhi però questa volta vanno oltre. In un millesimo di secondo riescono a fare il giro totale del pubblico. È una ricerca… già, una ricerca inutile. Elena non c’è. È per lei che sto combattendo questo incontro stasera. Mia moglie.
E va bene, non lo è più! Ma lo è stata fino a poco fa, fino al giorno in cui l’ho trovata a letto con questo bastardo che adesso me le sta suonando. Il suo sorriso diabolico continua a sfidarmi. Evidentemente non gli è bastato distruggere la mia vita. Vuole anche umiliarmi davanti a mia figlia e ai miei sostenitori.
«Alza lo sguardo Hilda! Tuo padre il campione adesso ti mostrerà come mandare al tappeto questo sacco di merda.» E così, per rabbia o per vendetta non lo so, sferro un sinistro alla ceca. Alla ceca perché manco lo vedo più il mio avversario e cazzo se gli ho fatto male. Spero di non aver preso l’arbitro. Mi faccio strada sul ring per quel poco che riesco ancora a vedere e prendo coraggio.
Sono il campione… non ho bisogno di farmi coraggio io. Bryan è ancora stordito dal mio pugno e allora ne approfitto. Ne sferro un altro che lo prende in pieno viso. È il secondo che metto a segno in tutta la serata ma non conta la quantità quando un mattone di fracassa il setto nasale.
Fa male vero? Ti distruggo se voglio pezzo di merda!
Il mio sguardo fiero alla mia Hilda che adesso sembra sorridere. Lei sa quanto è forte suo padre. Deve essere una bella soddisfazione essere la figlia del campione.
Cazzo lo sapevo che non dovevo distrarmi. Una serie di pugni violentissimi adesso si stanno scagliando contro di me. Devo averlo fatto incazzare.
Sono io quello che dovrebbe essere incazzato brutto figlio di puttana… per tutte le volte che ti sei scopato mia moglie.
Provo a rispondere ma i miei colpi sembrano non sortire alcun effetto. Mi sento molle adesso e i colpi di Bryan manco li sento più. Ne ho preso uno così forte che sembra avermi frantumato la scatola cranica.
Ma cosa cazzo hai al posto dei guantoni… bastardo!  
L’ultimo pugno di cui ricordo ancora vagamente la forza e l’intensità, dopodiché il nulla.
Puoi colpirmi quanto vuoi pezzo di merda. Io non sento dolore… io sono il campione. Dammi il tempo di riprendermi al suono della terza campana e vedrai che al quarto round sarà il mio turno.
Hilda piange adesso. Povera piccola, è delusa. Non ha ancora visto nulla. Bryan nel frattempo continua a massacrarmi, non lo sento ma lo vedo. È una macchina, non riesco a fermarlo né a muovermi. Mi sento così leggero quasi come se quell’incontro adesso non lo stessi più combattendo.
Fermate l’incontro! Sento una voce in lontananza. Non so chi l’abbia detto ma è evidente che chi ha parlato non ha fiducia in me. L’ultimo colpo di Bryan mi manda al suolo completamente. La campana suona e io non l’ho nemmeno sentita, né lei, né il colpo che mi ha steso.
Non riesco a muovermi. Hilda continua a piangere. La mia sensazione di leggerezza si fa sempre più intensa, adesso mi sembra di volare per l’arena e da qui la visuale è migliore. Vedo un sacco di gente circondare il ring. Il bastardo sorride soddisfatto poi però abbassa lo sguardo come volesse scusarsi.
Ipocrita…

Mi pare di capire che l’incontro sia finito o almeno credo. Quello che vedo adesso non è confortante. Il ring è uno scivoloso lago di sangue. C’è un uomo sulla quarantina steso al tappeto e una ragazza bellissima che lo chiama. L’uomo sembra non sentire e la ragazza sembra stia piangendo. Tutto quello che vedo è confuso, ma non sento nulla. Quel pugile suonato mi somiglia, io però non mi sarei fatto battere così. Non ricordo molto questa sera ma so di essere il campione e non sarei andato al tappeto io. È evidente che quell’uomo deve aver combattuto per rabbia o per vendetta. Non è per rabbia o per vendetta che si combatte, la rabbia ti acceca e la vendetta ti fa sbagliare le strategie.  Ne ho abbastanza di questo spettacolo raccapricciante, quella ragazza che piange a dirotto mi causa un vuoto al cuore. Alle mie spalle c’è un fascio di luce: sarà meglio andare.